L’art. 375 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza a partire dal 16 marzo 2019 ha introdotto un secondo comma all’art. 2086 del Codice Civile che recita: “L’imprenditore, che opera in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alle dimensioni ed alla natura dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita di continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.
L’integrazione della disciplina sugli assetti societari – che rappresentano il cuore della funzione gestoria di tutte le imprese – si inserisce come opportuno raccordo tra il diritto societario ed il diritto della crisi d’impresa, motivo per cui le disposizioni introdotte dal nuovo Codice non sono indirizzate esclusivamente a quelle in crisi, bensì costituiscono regole di più ampia portata, applicabili a tutte le imprese, ivi incluse quelle in bonis.
La novità introdotta va quindi colta quale importante integrazione della disciplina dell’attività d’impresa, che trova origine in ambito di diritto della crisi e diventa norma generale.
Si manifesta con chiarezza l’intento del legislatore di promuovere una cultura imprenditoriale più seria e matura.
La mancata adozione di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili espone l’organo gestorio ad una responsabilità nei confronti dei terzi – soci inclusi – per non avere apprestato – nel perseguimento dell’interesse sociale e del mantenimento del patrimonio societario – strumenti adeguati a prevenire un’eventuale crisi o eventi che possano compromettere la continuità aziendale.
La continuità aziendale fa riferimento alla citazione dell’art. 2423-bis co.1 n. 1 quale principio di redazione o “postulato” del bilancio d’esercizio. Nello IAS1 viene chiaramente definita la continuità aziendale e – nel contempo – vengono fornite indicazioni specifiche per un’adeguata valutazione della stessa:
“Continuità aziendale
25 Nella fase di preparazione del bilancio, la direzione aziendale deve effettuare una valutazione della capacità dell’entità di continuare a operare come un’entità in funzionamento. Un’entità deve redigere il bilancio nella prospettiva della continuazione dell’attività a meno che la direzione aziendale non intenda liquidare l’entità o interromperne l’attività, o non abbia alternative realistiche a ciò. Qualora la direzione aziendale sia a conoscenza, nel fare le proprie valutazioni, di significative incertezze relative ad eventi o condizioni che possano comportare l’insorgere di seri dubbi sulla capacità dell’entità di continuare a operare come un’entità in funzionamento, l’entità deve evidenziare tali incertezze. Qualora un’entità non rediga il bilancio nella prospettiva della continuazione dell’attività, essa deve indicare tale fatto, unitamente ai criteri in base ai quali ha redatto il bilancio e alla ragione per cui l’entità non è considerata in funzionamento.
26 Nel determinare se il presupposto della prospettiva della continuazione dell’attività è applicabile, la direzione aziendale tiene conto di tutte le informazioni disponibili sul futuro, che è relativo ad almeno, ma non limitato a, dodici mesi dopo la data di chiusura dell’esercizio. Il grado dell’analisi dipende dalle specifiche circostanze di ciascun caso. Se l’entità ha un pregresso di attività redditizia e dispone di facile accesso alle risorse finanziarie, si può raggiungere la conclusione che il presupposto della continuità aziendale sia appropriato senza effettuare analisi dettagliate. In altri casi, la direzione aziendale può aver bisogno di considerare una vasta gamma di fattori relativi alla redditività attuale e attesa, ai piani di rimborso dei debiti e alle potenziali fonti di finanziamento alternative, prima di ritenere che sussista il presupposto della continuità.”
Per valutare l’esistenza del going concern quindi occorre tenere conto di tutte le informazioni disponibili con riferimento ad un periodo futuro di almeno 12 mesi: redditività, pronto accesso a fonti di finanziamento, affidamento da parte dei fornitori, caratteristiche del settore, influenza del management, fattori quantitativi e qualitativi. Pertanto è possibile definire il going concern come la capacità dell’impresa di realizzare le attività e fronteggiare le passività valutando l’esito di eventi futuri ed incerti che dovrebbero verificarsi durante il normale esercizio dell’impresa e comunque in un arco temporale non inferiore a 12 mesi.
La scelta in merito al deposito del Bilancio 2022 è semplice: dichiarare di aver provveduto ad adeguare l’organizzazione aziendale come richiesto dalla normativa o non indicare nulla in merito, attestando implicitamente di non aver adempiuto al dettato del D. lgs. 83/2022, consapevoli in tal caso di aver reso pubblica l’informazione circa la mancata adozione degli adeguati assetti come previsto dal nuovo Codice ed esponendosi alle relative conseguenze per gli amministratori ma anche – soprattutto di immagine –per l’azienda.
L’obbligo di dichiarazione deriva direttamente dalle indicazioni del codice civile: nel caso delle S.p.A. l’art. 2381 c.c. dispone che il Consiglio di Amministrazione “… valuta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; … Gli organi delegati curano che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa e riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate.”
Nel caso delle S.r.l. il legislatore è intervenuto sull’art. 2475 c.c. introducendo il nuovo comma 6, mediante il quale ha esteso appunto anche alle S.r.l. le medesime disposizioni.
Ulteriore testimonianza di quanto sia importante dotarsi di adeguati assetti sono le sentenze di condanna degli amministratori indolenti (Tribunale di Cagliari) e la recentissima sentenza della suprema Corte di Cassazione che con ordinanza n. 2.172 di gennaio 2023 chiarisce che “è invendibile un’azienda sprovvista di adeguato assetto”.
Nell’eventualità volessi saperne di più, scarica qui l’esaustiva presentazione realizzata in collaborazione con qualificati Partners.
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La Bussola d'Impresa - Mario Vacca
Mi presento, sono nato a Capri nel 1973, la mia carriera è iniziata nell’impresa di famiglia, dove ho acquisito la cultura aziendale ed ho potuto specializzarmi nel management dell’impresa e contestualmente ho maturato esperienza in Ascom Confcommercio per 12 anni ricoprendo diverse attività sino al ruolo di vice presidente.
Queste capacità mi hanno portato a collaborare con diversi studi di consulenza in qualità di Manager al servizio delle aziende per pianificare crescite aziendali o per risolvere crisi aziendali e riorganizzare gli assetti societari efficientando il controllo di gestione e la finanza d’impresa.
Nel corso degli anni le esperienze aziendali unite alle attitudini personali mi hanno permesso di sviluppare la capacità di anticipare e nel contempo essere un buon risolutore dei problemi ordinari e straordinari dei miei clienti.
Per migliorare la mia conoscenza e professionalità ho accettato di fare esperienza in un gruppo finanziario inglese e, provatane l’efficacia ne ho voluta fare una anche in Svizzera.
Queste esperienze estere hanno apportato conoscenze legate al Family Business, alla protezione patrimoniale tanto per le imprese quanto per i singoli imprenditori ed all’attenzione per l’armonizzazione fiscale tra le diverse realtà ed al rischio d’impresa.
Mi piace lavorare in squadra, mi piace curare le pubbliche relazioni e, sono convinto che l’unione delle professionalità tra due singoli, non le somma ma, le moltiplica.
Il mio impegno è lavorare sodo ma, con etica, lealtà ed armonia.
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